Un brand non nasce per caso. Non basta un prodotto valido, un’idea brillante o un nome accattivante: serve una strategia che tenga insieme ogni elemento, dalla parola che lo battezza fino al modo in cui si presenta sugli scaffali. Il percorso che porta un marchio a restare nella mente delle persone comincia dal naming, si rafforza con l’identità visiva e trova la sua massima espressione nel packaging.
Un filo che unisce linguaggio, estetica e funzione, trasformando un oggetto di consumo in un simbolo riconoscibile, desiderabile e, soprattutto, memorabile.
Il naming: il primo imprinting del brand
Il nome è la prima promessa che un brand fa al suo pubblico. Non è solo un’etichetta, ma un suono che deve restare impresso, un concetto che deve evocare emozioni e mondi, un richiamo che, al solo sentirlo, accende associazioni precise.
Pensiamo a “Nutella”, “KitKat” o “Coca-Cola”: nomi che non descrivono, ma evocano. Sono facili da pronunciare, riconoscibili in ogni lingua e capaci di resistere al tempo. Nel food, come nel pet food, la forza di un nome può determinare la fiducia del consumatore: “Monge” comunica radici familiari, “Purina” professionalità, “Friskies” leggerezza e allegria.
Un nome sbagliato, al contrario, può essere un ostacolo insormontabile. Troppo complicato, difficile da ricordare, simile a quello di un competitor: ecco come un brand può nascere con il freno a mano tirato. Il naming efficace deve quindi bilanciare creatività e strategia, suono ed evocazione, unicità e coerenza con il posizionamento desiderato.
L’identità visiva: dal logo all’universo di segni
Se il nome è la voce, l’identità visiva è il volto del brand. Non si tratta solo di un logo ben fatto, ma di un sistema visivo coerente: colori, tipografie, pattern, fotografie, illustrazioni. Ogni segno grafico contribuisce a raccontare chi sei e come vuoi essere percepito.
Un’identità visiva efficace non è estetica fine a sé stessa: è traduzione visiva di valori e posizionamento. Un brand premium userà forme pulite, palette sobrie e dettagli raffinati. Un brand giovane e pop, invece, punterà su colori vivaci, lettering dinamico e grafiche impattanti.
La differenza tra chi “fa un logo” e chi costruisce un’identità sta proprio qui: non basta un simbolo carino, serve un linguaggio visivo che viva su ogni touchpoint, dal sito web alla carta intestata, dal social al packaging.
Il packaging: il primo media che parla al consumatore
Il packaging non è un vestito: è un media a tutti gli effetti. È il primo venditore silenzioso che le persone incontrano, spesso in un contesto affollato come lo scaffale di un supermercato o l’e-commerce di una catena.
Un pack comunica tre cose fondamentali:
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Funzione – proteggere e informare. Deve essere leggibile, chiaro, conforme alle normative.
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Attrazione – catturare l’occhio. In pochi secondi deve convincere un consumatore a sceglierlo rispetto a decine di alternative.
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Emozione – raccontare una storia. I materiali, i colori, le illustrazioni o le foto devono trasmettere i valori del brand.
Nel food e nel pet food questo è ancora più evidente: il pack diventa sinonimo di fiducia. Un sacco di crocchette ben progettato può trasmettere serietà, qualità e cura, mentre un’etichetta curata in una linea di conserve può far percepire tradizione e autenticità.
Il packaging è anche esperienza. Aprire una scatola di biscotti o scartare una barretta non è solo un gesto: è un rituale che può rafforzare il legame con la marca. Non a caso, molti brand trasformano i propri pack in icone collezionabili o memorabili (pensa a Coca-Cola o alle limited edition di Oreo).
Naming, branding e packaging come un unico ecosistema
Spesso le aziende trattano naming, branding e packaging come step isolati, da affidare a professionisti diversi. Il risultato? Elementi che non dialogano tra loro.
Un nome evocativo con un logo anonimo. Un bel logo ma un pack che non rende giustizia al prodotto. Un packaging innovativo che però tradisce il posizionamento della marca.
Un brand che resta nella mente nasce dalla coerenza. Naming, logo e pack devono essere pensati come parti di un unico ecosistema. La voce deve avere il volto giusto, e quel volto deve vestirsi del packaging adeguato. Solo così ogni contatto con il consumatore diventa un pezzo della stessa storia.
Esempi dal mercato: i nostri casi studio
Nuvilù
Nato a Novi Ligure, territorio con una lunga tradizione cioccolatiera, Nuvilù è un progetto che unisce memoria e innovazione. Il naming evoca la radice geografica e al tempo stesso un orizzonte nuovo, mentre l’identità visiva e il packaging parlano di sostenibilità, qualità e artigianalità contemporanea. Un brand pensato per diventare icona del settore dolciario di alta gamma.
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NeoBreeder
Un brand sviluppato per raccontare l’esperienza e l’autorevolezza degli allevatori, destinato a competere in 14 mercati internazionali. Con NeoBreeder abbiamo costruito naming, identità e packaging in un ecosistema coerente che trasmette affidabilità, competenza e modernità. Il risultato è un marchio che conquista la fiducia dei dog lovers in tutto il mondo.
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Kebest
Con Kebest abbiamo creato un brand di fast food italiano capace di distinguersi in un settore saturo. Naming diretto e memorabile, identità visiva audace, packaging e materiali coordinati hanno trasformato un format ristorativo in un brand forte, riconoscibile e immediatamente posizionabile nella mente dei consumatori.
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Il brand memorabile nasce dalla coerenza
Un brand che resta nella mente non è mai un incidente. È il risultato di scelte consapevoli che partono dal naming, passano per un’identità visiva solida e si completano con un packaging capace di parlare da solo.
Il futuro del branding, soprattutto nei settori food, pet food e ristorazione, sarà sempre più legato alla capacità di raccontare storie coerenti in ogni dettaglio. Il naming che evoca, il logo che firma, il pack che vende: tre strumenti che, se suonano insieme, creano la melodia che resta impressa nella memoria collettiva.
Posizionamento finale
In The Village crediamo che i brand non siano mai solo prodotti, ma ecosistemi narrativi. Per questo lavoriamo dal naming al packaging come un unico percorso creativo, capace di trasformare idee in identità forti, riconoscibili e destinate a durare. Perché ciò che resta nella mente, alla fine, è ciò che fa la differenza.
